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Recensioni
Concerti

 
PUKKELPOP ROCK FESTIVAL
14 - 15 - 16 agosto 2008
Kiewit - Hasselt, BELGIO

di Adriano Patti

RACCONTO DELLE TRE GIORNATE


Prima giornata
Giovedì 14 agosto

Tre splendide giornate di sole ed una temperatura incredibilmente mite per la zona accolgono i circa 55.000 devoti dell’annuale appuntamento con il più importante Rock Festival del Belgio.

Ci ritroviamo dentro l’area destinata ai concerti di buon mattino, contrariamente alla tradizione che ci vede sempre arrivare trafelati alle tre del pomeriggio ed affrontiamo con la serenità e la fiducia di chi sta dalla parte del giusto il problema che puntuale si ripresenta da decenni agli avvenimenti di questo genere: come facciamo a vedere quasi tutto?

Programma e penna in mano iniziamo il nostro percorso attraverso gli otto palchi (cinque per il rock, due per la dance ed uno per la comedy) con gli spettacolari Kaizers Orchestra, combo scandinavo dalle molteplici influenze che suona come una via di mezzo tra Pogues, Gogol Bordello e Leningrad Cowboys. La solita maschera antigas indossata dal tastierista e grossi bidoni suonati con le mazze da baseball fino al delirio finale con tutti i presenti a saltare sulle note di Resistansen, uno dei classici della band.

Uno sguardo veloce agli inutili The Pigeon Detectives, ai terribili Cribbs (non per fare i fighetti ma certi suoni ci hanno davvero stancato) ed agli onestissimi Dirty Pretty Things di Carl Barat (appena il tempo di rimpiangere quella grandissima faccia di cazzo di Pete Doherty che può adesso legittimare in assoluta serenità quella pagina di storia che lo vede leader indiscusso degli ormai sciolti Libertines….) andiamo verso il Main Stage ad ascoltare Serj Tankian.
Adesso: fans dei System Of A Down non lo siamo mai stati e chi un po’ ci conosce lo sa ma il disco solista dell’ameno armeno ci aveva quantomeno incuriosito.
La verità è che quando uno nasce metallaro ha voglia a mettersi la tuba e vestirsi altrimenti….
Splendide canzoni quali Lie Lie Lie, che apre lo show, o The Sky Is Over si perdono sotto un naufragio di chitarre inutilmente distorte e urlacci da Horror B Movies.
File under NuFuckingMetal!

Ritorniamo di buon umore con gli adorabili British Sea Power!
I pargoli della Rough Trade si sparano un live da vera accademia dell’indie presentandosi sul palco, per l’occasione pieno di stranissime bandiere colorate, con un look a poco dire uncool con calzettoni di spugna a ricoprire metà dei calzoni e magliette davvero improbabili ma quando attaccano gioielli come Carrion o No Lucifer nessuno ci fa più minimamente caso; giusto per citarli direttamente….. “EASY! EASY! EASY! EASY! EASY! EASY!”
File under 100% indie!

Vi ricordate Ian Brown quando cantava negli Stone Roses?
Stessa faccia da pazzo, stesso atteggiamento indisponente, stesso cembalo in mano.
Infila una Waterfall da brivido in mezzo alle sue nuove cose e, a parte un filtro eccessivamente lo-fi nella voce, propone un set decisamente in linea con le sonorità buggy che hanno fatto di lui un personaggio seminale nell’indie inglese dei 90’s.

Riusciamo a trovare il tempo per assistere al sarcastico spoken word di un invecchiatissimo Henry Rollins prima di lasciarci incantare per una mezz’oretta dallo show degli Editors, ormai diventati una band adulta e rodata al punto da risultare quasi prevedibile. L’averli visti tre volte in tre anni ci convince a spostarci verso altri palchi non prima di esserci goduti una versione fedelissima alla versione incisa della fantastica Blood.

Di grandissima classe il set di Mercury Rev mentre non riusciamo a capire cosa sia successo a Wayne ed ai suoi Flaming Lips.
Dopo quasi dieci anni che non ne gustavamo una gig la band di Oklahoma City appare completamente trasformata…in tutto. Il palco è invaso da strani personaggi in tutina felpata ed inservienti con tanto di caschetto da cantiere.
Il nostro eroe fa il suo ingresso dentro una gigantesca palla di plastica che viene fatta rotolare sul pubblico mentre cannoni sparacoriandoli spuntano da tutti i lati come se si autogenerassero al suono del nuovo ciclo dei Flaming che, per intenderci, non mantiene un briciolo della antica drammaticità.

Ci fanno venire in mente I’m From Barcelona e questo dovrebbe dire tutto.



Seconda giornata
Venerdì 15 agosto

Il secondo giorno di festival inizia male.
Difficoltà organizzative ci fanno perdere il set di Sons And Daughters ma nulla può impedirci di vedere e sentire quanto sia cresciuto negli ultimi anni un gruppo come Girls In Hawai.

Giocano in casa e si sente.
Supportati dal calore del loro pubblico (mai visto un concerto cosi affollato alle due del pomeriggio) spingono alla grande pezzi come Grasshopper o Colours…unica pecca l’oblio di capolavori del passato come Short Song for a Short Mind.

Tre quarti d’ora di autentica magia indie ci vengono regalati da Lightspeed Champion. Dimenticate i Test Icicle perché Devote Hynes ha definitivamente cambiato registro ed a provarlo ci sono tutte le piccole gemme tratte da Falling Off The Lavender Bridgee riproposte ai presenti in versione particolarmente Lo-Fi. Dry Lips da brivido!

Fa piacere riascoltare i cari vecchi Stereophonics dopo qualche annetto di pausa. Sotto un sole davvero fastidioso Have a Nice Day suona ancora più zuccherina e spensierata di sempre mentre A Thousand Trees raggiunge lo scopo di farci sognare un po’ d’ombra.

A proposito di cari e vecchi…..ci sono le Breeders!
Le nuove songs ( Overglazed o Niht Of Joy ……..per esempio) non fanno di certo un figurone se accostate ai vecchi classici della band (Cannonball …..per esempio) ma il motivo per cui le sorelle Deal avranno sempre un posto nel nostro cuore è la loro straordinaria capacità di litigare in qualunque situazione.

In questa circostanza il battibecco nasce subito dopo l’esecuzione di un pezzo degli Amps che aveva visto Kelley affrontare il palco senza la sorella che nel frattempo aveva guadagnato il backstage.Al rientro di Kim parte la battutaccia : “A Pixies song……later”.Momento di gelo concluso dal perentorio “Fuck!” sussurrato al microfono dalla maggiore delle Deal e non vogliamo immaginare cosa possa essere successo nei camerini.

Sinfonici, romantici ed emozionanti come sempre i Tindersticks supportati da una intera orchestra quanto sfrontati, energici e tecnicamente al di sopra della media i Futureheads (Decent Days And Night, Skip To The End e Hounds Of Love fanno davvero venire la febbre….).

Dieci minuti di Rascals appena in tempo per vedere il cantante posare la chitarra e cercare di picchiare il fonico di palco reo, a suo dire, di prestare scarsa attenzione alle esigenze della band ed eccoci al momento topico della giornata: The Gutter Twins signori miei.

Probabilmente sarebbe necessaria una recensione a parte per rendere giustizia all’incredibile turbinio di sensazioni che la band di Dulli e Lanegan è in grado di regalare durante una esibizione live.

Coadiuvati da un inossidabile Manuel Agnelli alle tastiere (che quando non fa il frontman risulta persino simpatico) lo statico Mark ed il salterello Greg infilano una dietro l’altra le songs del loro capolavoro Saturnalia addolcendole o caricandole di pathos, a secondo dei casi, con un classe che, secondo noi, in questo momento non ha paragoni nell’universo rock contemporaneo.

Poesie come Each To Each o Idle Hands inumidiscono gli occhi e schiacciano lo stomaco e Gods Children fa sorgere sospetti autobiografici già solo dal titolo. In assoluto una degli spettacoli più incredibili a cui abbiamo mai avuto il piacere di assistere.

Mentre guadagnamo l’uscita i fans dei Metallica, headliner della serata al Main Stage, bivaccano ancora sul prato senza riuscire a smettere di fare headbanging come quei cagnolini caricati a molla che si mettono sul lunotto posteriore delle macchine…..che teneri!!!!


Terza giornata
Sabato 16 agosto

Il terzo giorno di festival lo cominciamo con la nuova promessa non mantenuta del rock britannico. I Wombats nulla tolgono a quanto già detto nell’ultimo decennio in terra d’Albione nonostante un live più che onesto in una cornice di pubblico tutt’altro che trascurabile.

Ben altre sonorità e diversa personalità per i newyorkesi National, ormai non più promessa ma concreta realtà, che pescano jolly in continuazione saccheggiando abilmente i loro capolavori Alliator e soprattutto The Boxer. Indimenticabile Brainy tra le altre songs.

I Manic Street Preachers con nuovo bassista in formazione danno a tutti i presenti un chiaro segnale del tempo che passa riproponendo i suoni che ci hanno accompagnato in quel segmento di tempo degli anni 90 in cui tutto sembrava stupendo ed il mondo credevamo di averlo in mano.
Splendida la loro versione di Umbrella di Rihanna.

Dieci minuti a guardare i ragazzini correre in cerchio durante lo show dei Less Than Jake ed eccoci al Marquee per assistere all’incredibile performance dei Dresden Dolls.
La coppia più bella del mondo entra in scena mano nella mano scagliando letteralmente fiori sull’audience.
Il tempo di uno sguardo d’intesa e la collaudatissima macchina da suono viene messa in moto lasciando intendere dalla prima nota che non ci sarebbero stati cenni di cedimento.
Coin Operated Boy, Girl Anachronism e la spettacolare Half Jack sono lo zenith di un concerto che si conclude con Amanda Palmer , seggiolino in mano, intenta a regolare i conti con il suo piano elettrico che viene letteralmente distrutto.

Di rara intensità e precisione anche il live dei Bloc Party che, come i fratellini maggiori Editors il giorno prima, dimostrano di essere band adulta e di tenere il palco in maniera niente affatto indie (e per una volta la cosa non assume connotazione negativa).

Non ce la sentiamo di scrivere del live degli Sigur Rose. La grandezza dispersiva del Main Stage (unico palco all’aperto) mal si coniuga con i suoni eterei e le atmosfere rarefatte della band islandese.

Davvero bravi We Are Scientists. A dimostrazione dello strapotere della scena di Brooklyn ( a proposito…abbiamo provato a vedere MGMT ma non è stato fisicamente possibile entrare nel tendone in cui si esibivano….) i nostri ci regalano una favolosa esecuzione di After Hours dall’album nuovo, ed una Nobody Move Nobody Get Hurt da pelle d’oca dal precedente.

Un orecchio ai Chrome Stuff (motown in salsa noise e improbabilissimi vestiti cromati) ed in chiusura gli Elbow.

La svolta malinconica non accenna a ritornare sui vecchi sentieri britpop e con la poesia di The Bones Of You guadagnamo il posteggio mentre gli inservienti cominciano a smontare gli stands.

Spendiamo gli ultimi 3 Bons in un waffel al cioccolato……..ed anche per quest’anno è andata.



INFO:
www.pukkelpop.be

 

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