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dedicato a Umberto



Interviste

 
BLONDE REDHEAD
venerdì 20 luglio 2001

di Antonio Vetrano

Con buona pace dei quasi 2.000 presenti, convenuti per assistere alla performance del trio italo-nipponico, ma di cittadinanza acquisita new-yorkese, abbiamo assistito ad una egregia esibizione con cui i Blonde Redhead hanno ricreato nella dimensione live una sintesi perfetta dei suoni contemporanei sempre in bilico tra noise e melodie. Ma la mia non è una recensione (non aspiro a tanto), al contrario, è la fedele traduzione dell’intervista che abbiamo raccolto nel dopo concerto da Kazu Makino (guitar, voice) ed Amedeo Pace (guitar, voice).

Nonostante il successo riscosso sino ad ora i B.R. hanno mantenuto quella che potremmo definire una dimensione umana, che li porta ad avere un rapporto egregio con gli addetti al settore e perfino con i fans, il cui calore è, a volte, molesto (vedi scene di attaccamento cui ho assistito nel backstage…). Abbiamo pazientemente atteso che smontassero personalmente tutta la loro strumenzione(!!), e che la caricassero sul furgone, e dopo aver lasciato loro il tempo di consumare una semplicissima cena, abbiamo scambiato due chiacchere, rigorosamente in inglese, condizione base, giustamente imposta dalla band, che non vuole estromettere Kazu, che non comprende l’italiano:

Antonio Vetrano: Conduco l’unico programma radio nella Sicilia Orientale, il cui scopo è quello di diffondere indie-rock e, dopo contatti avuti con la Vostra distribuzione italiana, ho chiesto di poter avere la possibilità di intervistarvi al di fuori di una conferenza stampa per scambiare 4 chiacchere, anche al di fuori del contesto musicale, visto che conosciamo molto bene la vostra musica e tutto quello che è stato detto in merito.

Kazu Makino: Ma noi vogliamo parlare anche della nostra musica

A.V.: Ancora meglio! Ricordo la prima volta che ho assistito al vostro primo concerto in Sicilia e la volta successiva al Festival di Lowlands in Olanda nel 1997, cosa è successo da allora nella vostra vita, musicalmente parlando, ricordo inizialmente eravate in 4 oggi siete in 3?

K.M.: Noi abbiamo iniziato in 3 e, dopo una breve esperienza in 4, ci siamo resi conto che 3 era il numero perfetto per il nostro progetto

A.V.: Non pensi che in 3 il vostro suono possa perdere qualcosa ?

K.M.: No, non credo, anche se qualcuno potrebbe essere di parere contrario, per noi non è una questione di completezza di suono, tutto va verso una precisa direzione, quella che noi volevamo perseguire, l’abbiamo raggiunta e non ci siamo mai posti il problema numerico, per noi va bene così e penso che sia giusto così..

A.V.: Che mi dici a proposito del successo, voglio dire, negli ultimi 5 anni siete riusciti a diventare una band molto famosa. Pensi che tutto ciò abbia, in un certo senso, cambiato la vostra vita ?

K.M.: Noi conduciamo una vita molto semplice, siamo dei musicisti che continuano a suonare, e non penso ne siamo stati influenzati più di tanto…continuiamo a condurre sempre la stessa vita

A.V.: Come viene articolata la vostra giornata tipo?

K.M.: Compatibilmente con i nostri impegni cerchiamo di provare tutti i giorni e di trascorrere quanto più tempo possibile in sala prove

A.V.: Come viene fuori la vostra musica?

Amedeo Pace: Tutto avviene molto spontaneamente. Prevalentemente in sala prove, si parte da una idea di qualcuno di noi che viene illustrata agli altri, il tutto senza una "coscienza" particolare, senza alcuna premeditazione…

A.V.: Non vi prefissate a tavolino qualcosa del tipo "OK componiamo una nuova canzone…iniziate a suonare e basta…

K.M.: No assolutamente. Normalmente succede quando proviamo le canzoni del nostro repertorio, tra una e l’altra vengono fuori nuove idee, ed, a quel punto, interrompiamo quello che stavamo facendo ed iniziamo a lavorare su di esse, cercando di arrivare a qualcosa che ci soddisfi tutti e 3. E’ tutta una questione di ispirazione

Amedeo Pace: Generalmente siamo influenzati dal quotidiano, dalla visione di un film o dalla voglia di scrivere qualcosa pensando ad un nostro amico, tutto accade in situazione di massimo relax non certo pensando di dover scrivere una canzone perché abbiamo l’obbligo di inserirla in un disco…

A.V.: Al momento avete un contratto con una etichetta indipendente, la Touch & Go records, al di là del fatto che probabilmente molte Majors vi avranno offerto contratti allettanti, ha un significato particolare per Voi il continuare ad essere una indie-band?

A.P: No nessun significato particolare, in ogni caso è difficile da dire. Ogni disco ha una storia a se stante, sino ad oggi abbiamo continuato ad intrattenere i nostri rapporti con etichette indipendenti ma non sappiamo nulla relativamente al nostro prossimo disco. Non so dirti se uscirà per una indie od una Major . L’unica cosa che posso dirti è che il nostro principale obiettivo è quello di trovarci sempre e comunque a nostro agio in tutto ciò che facciamo, non importa se si tratta di una indie o di una Major o, addirittura, di una nostra eventuale etichetta personale.

A.V.: Ma non pensi che la pressione o l’atteggiamento dell’etichetta possa influenzare le attitudini della band?

A.P.: Questo è assolutamente vero, ma non penso che i Blonde Redhead si siano mai lasciati influenzare dall’etichetta.

A.V.: Che tipo di rapporto avete con la Touch & Go, siete costantemente in contatto o vi limitate ad incontrarli per presentare loro l’album finito e pronto per essere pubblicato?

A.P.: La frequenza dei rapporti con la nostra etichetta dipende da quello che stiamo facendo. Siamo continuamente in contatto con lo staff della Touch & Go quando si tratta di organizzare le tournee, di pianificare la pubblicazione di un nuovo album e seguirne tutte le sue fasi. Al contrario, ci sono dei momenti in cui i rapporti vengono ridotti al minimo, soprattutto quando decidiamo di lavorare sul nuovo materiale ed abbiamo bisogno della massima concentrazione.

A.V.: Che mi dite di New York? Provenite entrambi da paesi stranieri, tu sei italiano e lei è giapponese, come avete vissuto la fase dell’integrazione in una metropoli così grande?

A.P.: Non è stato per niente facile trovare la nostra strada ed integrarsi, è un processo molto lento e difficile. Affrontare il quotidiano, riuscire ad avere la possibilità economica di mantenere un proprio appartamento dove vivere. Probabilmente sarà la stessa cosa anche in altre grandi metropoli, ma non sono in grado di confermartelo dal momento che New York è l’unica grande città dove io ho deciso di avere una mia propria vita lontano dalla mia famiglia. Ti ribadisco che è davvero difficile realizzarsi a New York e trovare lì la propria strada, la devi vivere, ci devi crescere dentro, e ci vuole davvero tantissimo tempo.

A.V.: Posso chiedervi come vi siete conosciuti con Kazu ?

A.P.: Tutto è accaduto, e basta, con grande semplicità (ridendo). Voglio dire c’è subito stato un grande feeling, ci siamo davvero incontrati per caso, noi cercavamo qualcuno con cui suonare e formare una band e la stessa cosa per lei….e tutto è successo.

A.V. : Date le tue origini siciliane, ha un significato particolare per te esibirti nella tua terra di origine?

A.P.: Mi piace moltissimo trovarmi in Sicilia, e volevo fare un buon concerto anche perché so che la gente è molto legata ai Blonde Redhead ed alla loro musica, ma questo può succedere anche altrove e prescinde dalle nostre origini.

K.M.: Spesso non dipende interamente da noi. La buona riuscita di un concerto coinvolge una serie di fattori, le persone con cui stai lavorando, il tuo stato d’animo, l’ambiente circostante ed il calore del pubblico. Una band può davvero mettercela tutta ma spesso il solo impegno potrebbe non bastare, a volte ci sono dei fattori negativi esterni che pregiudicano la buona riuscita di un concerto e questo può accadere dovunque. A volte tutto può andare benissimo ed a volte no, non sai mai quello che ti può capitare non dipende solo da noi…

A.V.: In quale contesto preferite esibirvi, piccoli club o open-space, come festivals? Oppure vi è indifferente e quindi tutto dipende dall’atmosfera e dal feeling che si instaura con la vostra audience?

K.M.: Personalmente preferisco suonare in spazi all’aperto, ma non lo puoi mai dire a priori. Ti può capitare di suonare il miglior concerto della tua vita in uno scenario pessimo, …la musica ha uno strano potere…e tu non lo puoi controllare…penso sia proprio una questione di magia.

A.V.: Cos’hai provato nel cantare in italiano, e come mai avete deciso di proporre brani in italiano? In alcuni frangenti sembravate ricalcare le orme di cantautori italiani.

K.M.: Grazie per il complimento. E’ stata una esperienza molto interessante e l’abbiamo voluta fare semplicemente perché Amedeo e Simone sono italiani, niente più…

A.V.: Che mi dici del futuro dei B.R.?

K.M.: Non vedo l’ora di tornare a casa a New York. Saremo in tour per quasi tutto il mese di Agosto arrivando sino ad Oslo e poi rientreremo per lavorare sul nuovo materiale, ma non posso anticiparti nulla circa la pubblicazione del nuovo disco!

A.V.: Abbiamo parlato del pubblico italiano…Ma sono curioso di sapere qualcosa sul pubblico giapponese. Non sono mai stato in Giappone, davvero molto lontano da qui, sotto tutti i punti di vista. Qual è la loro reazione alla vostra musica?

K.M.: Sino ad ora è stata ottima, torneremo lì in Novembre per una piccola tournee ed anche in quel caso sono del parere che dipenderà molto da noi come band….e poi dalla solita magia di cui ti parlavo prima.

A.V.: Vi lascio andare a dormire, si è fatto molto tardi. Grazie per il concerto meraviglioso che ci avete offerto, in bocca al lupo ed arrivederci a presto!!!

 

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